2.Limiti delle prescrizioni delle normative

 

Se i criteri logici di progettazione secondo il capacity design sono chiari, non così le prescrizioni di normativa, che appaiono sovrasemplificatorie e sostanzialmente inesatte.

 

Prima di addentrarci nella disamina attenta delle prescrizioni di normativa, delineiamo quello che  in teoria potrebbe essere un percorso computazionale abbastanza coerente con i principi espressi nella sezione precedente.

Dato un insieme di forze apparenti tali da simulare il sisma, queste forze apparenti possono essere fatte crescere omoteticamente sino a generare una prima plasticizzazione nella struttura. Se la struttura è ben progettata la prima zona che si plasticizza è una zona dissipativa. Un tale sistema di forze può essere ottenuto da una statica equivalente o da una analisi di pushover, la quale, come è noto, utilizza i risultati di una analisi modale (e quindi elastica). In Sargon queste forze si possono ottenere con il comando Edit-Azioni-Da Spettro: si tratta in sostanza di forze apparenti (di D'Alembert).

Non appena la struttura attinge la plasticizzazione in qualche zona, però, immediatamente il procedimento cessa di essere valido. Infatti la struttura ha rigidezze differenti, e dunque periodi, modi e forze apparenti differenti.

Supponendo di non tenere conto di tale problema (come fa la pushover nelle modalità di calcolo più diffuse), possiamo incrementare ancora le stesse forze e vedere che succede. Se stiamo facendo una analisi elastica ciò che otteniamo è certamente non corretto, dato che le sollecitazioni, dopo la prima plasticizzazione, non cresceranno più allo stesso modo. Se stiamo facendo una analisi non lineare con plasticità diffusa (ovvero con CURAN), il calcolo può effettivamente seguire il progressivo evolversi della plasticità (sarebbe la famosa pushover). Nel corso della analisi dovremmo controllare:

1.Che gli elementi plastici non subiscano effetti di instabilità locale o globale (dunque dovremmo usare una analisi non lineare anche per gli effetti geometrici)

2.Che gli elementi non dissipativi restino elastici.

Un modello di calcolo in nonlinearità di materiale, che usasse per il materiale delle zone dissipative una tensione di snervamento opportunamente incrementata, potrebbe pervenire a una qualche stima delle effettive sollecitazioni sovraresistenti afferenti agli elementi non dissipativi. Si tratterebbe però di un calcolo gravemente convenzionale, in ogni caso, perché dato che la condizione tale per cui una certa fibra diviene plastica sarebbe legata al raggiungimento di un limite plastico che è in effetti ignoto, anche la distribuzione di azioni risultante sugli elementi non dissipativi sarebbe in definitiva il frutto di una tale ipotesi arbitraria: che tutti gli elementi dissipativi si snervino non alla tensione fy, ma alla tensione prefissata  1.1γovfy.

In ogni modo, almeno in linea di principio, e dimenticando il problema legato alla non coerenza delle azioni sismiche, una tale analisi potrebbe effettivamente seguire l'evolversi della plasticizzazione nella struttura e verificare sia che gli elementi plastici assolvano al loro dovere, sia che gli elementi elastici subiscano le azioni (incrementate) afferenti dagli elementi plastici.

Quanto detto in precedenza implicherebbe una analisi pienamente non lineare (non linearità di materiale, non linearità geometrica di membratura sia per presso flessione che per svergolamento, non linearità locale di sezione) e un onere computazionale molto forte.

Queste esigenze sono aggirate dalla normativa essenzialmente nel seguente modo:

1.Le verifiche di instabilità locale sono soddisfatte mediante la richiesta che le sezioni abbiano una classificazione buona (classi 1 o 2).

2.Le verifiche di escursione plastica e capacità ciclica mediante la classificazione delle sezioni e mediante la aggiunta di irrigidimenti (come nei link degli EBF o i pannelli dei MRF), provvidenze varie e limitazioni di snellezza (CBF).

3.Le verifiche di resistenza nelle zone non dissipative sono soddisfatte mediante regole di amplificazione parziale e lineare delle sollecitazioni sismiche (parziale: perchè riguardano solo alcune componenti mentre di altre non si parla proprio, immaginando che siano trascurabili; lineare: perché si finge che nel corso della escursione plastica non lineare le sollecitazioni possano crescere linearmente rispetto a quanto calcolato in ambito elastico).

4.Le verifiche di instabilità di membratura possono essere soddisfatte con brutali semplificazioni in merito a quali sollecitazioni usare per le verifiche. Infatti, la norma non parla né di sestuple S nè di loro distribuzioni lungo l'asse (S=S(x)), ma sempre al massimo di terne di sollecitazioni e di valori puntuali.

 

Consideriamo ora più in dettaglio e commentiamo le prescrizioni delle NTC 2008 o NTC2018 (vicina copia dell'Eurocodice) alla luce di quanto detto.

 

Telai resistenti a momento

 

Per i telai resistenti a momento si hanno dapprima le prescrizioni relative alle "travi", che in questo schema progettuale sono gli elementi dissipativi (le colonne, invece, devono essere protette). Le prescrizioni

MEd/Mpl,Rd ≤1

NEd/Npl,Rd≤0.15

(VEd,G+VEd,M)/Vpl,Rd≤0.50

tendono a stabilire che le sollecitazioni di progetto non superino il dominio limite, che l'azione assiale non sia eccessiva (portando a un depauperamento della capacità flettente plastica) e che il taglio in condizioni limite non sia a sua volta eccessivo. I problemi derivano dal fatto che tali equazioni sono a rigore valide solo per telai piani, o per strutture spaziali perfettamente disaccoppiate sotto l'azione di azioni perfettamente allineate con i sistemi di controvento. Entrambe le ipotesi sono generalmente non verificate. La prima può essere ottenuta con progettazioni altamente regolari, la seconda non è mai ottenibile: un sistema dissipativo è in realtà caricato da una sestupla di sollecitazioni e tale sestupla deve rispettare le condizioni limite. Assumendo che le "desiderata" platicizzazione sia sull'asse principale 2 soltanto, le precedenti equazioni possono meglio determinarsi in questo modo

MEd,2/Mpl,Rd,2 ≤1

MEd,3/Mpl,Rd,3 ≤kM3

NEd/Npl,Rd≤0.15

(VEd,G,3+VEd,M,3)/Vpl,Rd,3≤0.50

(VEd,G,2+VEd,M,2)/Vpl,Rd,2≤kV2

MEd,1/Mpl,Rd,1 ≤kM1

dove kM3 kV2 e kM1 sono numeri piccoli prossimi a 0 (si veda anche il dialogo Impostazioni Verifica Gerarchia delle Resistenze). Anche in questo caso, comunque, la mera prescrizione (MEd,2/Mpl,Rd,2 ≤1) non garantisce che lo stato di sollecitazione sia interno al dominio limite, e nel loro complesso queste equazioni appaiono scarsamente fondate, nel caso generale.

 Il secondo gruppo di prescrizioni riguarda le "colonne" ovvero gli elementi non dissipativi. Per esse sono date le seguenti prescrizioni in merito alle azioni di calcolo:

NEd= NEd,G + 1.1γov Ω NEd,E

MEd= MEd,G + 1.1γov Ω MEd,E

VEd= VEd,G + 1.1γov Ω VEd,E

che indicano la terna dei valori di sollecitazione da usare per le verifiche. Anche in questo caso va osservato che queste prescrizioni si adattano al solo caso di telai piani, mentre cadono in difetto nel caso di strutture spaziali. A livello di verifica di resistenza sezionale, esse potrebbero essere ampliate nel seguente modo:

NEd= NEd,G + 1.1γov Ω NEd,E

MEd,1= MEd,G,1 + 1.1γov Ω MEd,E,1

MEd,2= MEd,G,2 + 1.1γov Ω MEd,E,2

MEd,3= MEd,G,3 + 1.1γov Ω MEd,E,3

VEd,2= VEd,G,2 + 1.1γov Ω VEd,E,2

VEd,3= VEd,G,3 + 1.1γov Ω VEd,E,3

o brevemente

S'Ed= SEd,G+ 1.1 γov Ω SEd,E

Nella precedente relazione:

S'Ed                è lo stato di sollecitazione da impiegare per le verifiche

SEd,G                è lo stato di sollecitazione che, nella combinazione sismica, è associato ai carichi non sismici

γov                è il fattore di sovraresistenza

Ω                 è il minimo fattore che porta qualche elemento dissipativo al primo snervamento

SEd,E                è la quota parte di sollecitazioni dovuta ai meri carichi sismici

 

La prima cosa da osservare è che le verifiche non possono essere solo verifiche sezionali e non possono essere solo verifiche di resistenza: dunque l'unico modo per eseguirle efficacemente non è semplicemente verificare che nella sezione affluente al nodo la sezione estremale soddisfi un qualche criterio di resistenza, ma occorre di fatto rieseguire le verifiche complete alla luce di una qualche opportuna distribuzione di azioni interne.

Una tale opportuna distribuzione di azioni interne potrebbe essere ottenuta generando un insieme di combinazioni nuovo (OVS), nelle quali i fattori originariamente previsti per i casi sismici, chiamiamoli C, siano ulterioremente moltiplicati per il fattore 1.1 γov Ω che dipende dalla combinazione sismica in considerazione. Se quindi la combinazione originaria prevedeva

A x Permanenti + B   x  Variabili + C1 x SismaX + C2 x SismaY,

la nuova combinazione sarà

A x Permanenti + B   x  Variabili + 1.1 γov Ω  C1 x SismaX + 1.1 γov Ω C2 x SismaY,

A vale della generazione di un tale nuovo insieme di combinazioni, si potrà eseguire una nuova verifica, la quale però avrà senso solo per gli elementi non dissipativi (che dovranno risultare verificati).

Il calcolo del fattore Ω secondo la normativa deve essere fatto nel seguente modo:

Ω=min{Mpl,Rd,i / MEd,i}

dove "i" è il generico elemento (trave) dissipativo, ed MEd la sollecitazione totale calcolata in condizioni sismiche.

Alcune osservazioni:

L'idea che questo moltiplicatore porti alla condizione plastica è verificata solo e soltanto in condizioni di flessione semplice. Ma gli elementi dissipativi delle strutture reali sono soggetti a sestuple di sollecitazione, e quindi si dovrebbe piuttosto cercare una condizione ben più complessa, almeno trinomia.

Se l'amplificazione avviene rispetto ai carichi totali, sismici e non sismici, essa è in contraddizione con le formule precedenti, che invece amplificano la sola quota parte dovuta al sisma. E' probabile che la incoerenza sia legata alla ipotesi che i carichi non sismici non producano effetti sugli elementi dissipativi, una ipotesi che pare peregrina.

Se nella struttura sono presenti elementi due diversi sistemi di controvento dissipativi, uno a momento e l'altro, nell'altra direzione, ad azione assiale, il ciclo deve necessariamente contenere anche gli elementi che dissipano in altro modo e deve pertanto essere generalizzato come segue

Ω=min{Mpl,Rd,i / MEd,i, Npl,Rd,j / NEd,j}

non si può infatti escludere che, a causa di un sisma agente in direzione inclinata, o a causa di una struttura non perfettamente disaccoppiata, il sisma generi azioni plastiche prima sugli elementi di un sistema che in quelli dell'altro.

La prima plasticizzazione di un elemento dissipativo nulla dice in merito alle sollecitazioni ulteriori che nascono allorché la plasticizzazione va diffondensosi (tale problema resta per ogni analisi di tipo lineare, e resta anche in caso di analisi statica non lineare dato che il sistema di forze cessa di essere attendibile).

 

Le considerazioni precedenti portano a concludere che i metodi normati difettano di un eccesso di specificazione, inapplicabile al caso generale.

L'ulteriore famoso requisito di normativa, ovvero che la somma dei momenti plastici provenienti dalle travi sia congruamente inferiore ai momenti elastici resistenti delle colonne

ΣMC,pl,Rdγov ΣMb,pl,Rd

è anch'esso una grossolana semplificazione.

MC,pl,Rd è il "momento resistente della colonna calcolato per i livelli di sollecitazione assiale presenti nella colonna nelle combinazioni sismiche", ma in realtà tale momento resistente è influenzato anche dall'altro momento, dai tagli, e dalla torsione: piuttosto che una verifica a momento sarebbe necessaria una verifica completa delle sezioni; la norma suppone implicitamente che le altre sollecitazioni siano trascurabili, il che però va adeguatamente verificato e garantito dal progetto.

Mb,pl,Rd è il "momento resistente delle travi che convergono nel nodo trave-colonna", momento plastico resistente nel monoassiale e senza interazioni, e quindi certamente un limite superiore di quello effettivamente possibile, ma che non tiene conto dei tagli e delle azioni assiali che anche gli elementi dissipativi vanno certamente a consegnare.

Perché la formula abbia senso, tutti gli elementi devono avere asse principale coinvolto parallelo, ma ciò in generale può non avvenire.

 

Strutture a controventi concentrici

 

Un primo insieme di verifiche riguarda la classificazione dei profili ed il fatto che la loro snellezza adimensionale sia entro certi intervalli (che dipendono dal tipo di controvento). Regole speciali sui rapporti larghezza-spessore si applicano ai tubi tondi e quadri e rettangolari.

 La regola seguente impone che i fattori

Ωj=Npl,Rd,j / NEd,j

non differiscano troppo tra loro. Deve infatti verificarsi che il rapporto tra il minimo ed il massimo non superi 1.25. Questa condizione impone gravosi e potenzialmente infiniti ricicli, dovuti al fatto che un cambio di sezione dei controventi porta ad un cambio di periodi, spostamenti, azioni. Nè sembra agevole inventare un qualche sistema di ciclo automatico stante il fatto che le variazioni delle sezioni (a meno di non usare piatti rettangolari) sono di fatto discrete e non continue, ovvero l'area si può solo variare "a salti". Il possibile escamotage costituito dal fatto di indebolire un breve tratto di sezione (così che la rigidezza sia poco o punto  perturbata) non sembra accettabile dato che ridurrebbe a una frazione della lunghezza la quota di elemento che sarebbe plasticizzata e con essa l'energia dissipata.

 Se e solo se gli elementi diagonali dissipativi vengono modellati con elementi biella (truss) la regola precedente di calcolo di Ωj può essere implementata facilmente. Nel caso invece in cui l'elemento sia modellato con elementi beam, l'insorgenza di sollecitazioni parassite o spurie la rende sostanzialmente errata. Quindi, si fa l'ipotesi che tali sistemi di controvento siano modellati con elementi biella e non con elementi trave.

 La susseguente prescrizione impone, in analogia con quanto visto in precedenza, che gli elementi non dissipativi limitrofi a quelli dissipativi possano portare le sollecitazioni causanti la (prima) plasticizzazione degli elementi dissipativi, opportunamente incrementate (NTC 2008, 7.5.14). La prescrizione in NTC 2008 / 2018 sembra alludere alla inopinata trasformazione del telaio in struttura reticolare, tal che nelle travi e nelle colonne finirebbe, per equilibrio, una mera azione assiale, che sarebbe poi (7.5.14) quella da controllare tenendo conto però illogicamente del momento che nella struttura originaria è effettivamente applicato. Si tratta di una procedura inutilmente tortuosa. Al contrario, sembra molto più logico generare un nuovo insieme di combinazioni "OVS" nel modo già chiarito nella sezione precedente (e quindi tutte le azioni interne degli elementi non dissipativi saranno amplificate, e la verifica sarà fatta mediante verificatore con tutte le modalità di crisi e non seguendo il formato 7.5.14, che appare inapplicabile al caso generale e non pertinente).

 Non agevole è il tener conto di azioni di compressione pari a 0.3 Npl negli elementi diagonali compressi: una tale sollecitazione, infatti, non è coerente con alcun calcolo formale e non se ne vede la possibile applicazione a contesti strutturali 3D complessi: la prescrizione risulta quindi sostanzialmente inapplicabile a contesti strutturali realistici, almeno sino a quando non si sarà trovato un modo per generare automaticamente quadri di sollecitazione equilibrati che portino Npl nei diagonali tesi (cosa ottenibile con una analisi non lineare elastica perfettamente plastica) e 0.3Npl in quelli compressi (cosa forse ottenibile con leggi elastiche perfettamente plastiche asimmetriche, certo non con mezzi banali). E' probabile che il normatore avesse in mente un calcolo semi-manuale limitato a schemi tipici di controvento, prescindendo completamente dai risultati di una analisi agli elementi finiti.

 

Strutture a controventi eccentrici

 

Nelle strutture EBF chi dissipa sono i link, che possono essere corti (dissipazione per taglio), lunghi (dissipazione per momento) o intermedi. Le Norme Tecniche per le Costruzioni danno dei limiti per la lunghezza dei link, che però sono funzione del rapporto tra i momenti attesi agli estremi del link stesso (tramite il parametro α). Il valore di tale rapporto varia in generale da combinazione a combinazione, ma probabilmente la norma intende riferirsi a quanto avviene su sotto schemi semplificati caricati in modo convenzionale, e vuole tener conto di possibili asimmetrie di schema.

Relativamente alle verifiche di resistenza degli elementi link, si devono usare le seguenti quantità ultime, rispettivamente per i link corti e per quelli lunghi:

dove VlRd e Ml,Rd sono le resistenze a taglio ed a momento che tengono conto di eventuali riduzioni dovute alle altre sollecitazioni (in particolare la norma cita l'azione assiale), ed e è la lunghezza del link. Nel caso di link intermedi, si adottano delle resistenze interpolate usando come parametro di interpolazione la lunghezza del link, e, ed il limite per link corti e lunghi.

Il fattore di sovraresistenza di sistema Ω, è definito per i link lunghi ed intermedi come

adottando quindi il momento 2 come azione interna plasticizzante, e per i link corti Ω è definito come

adottando quindi il taglio 3 come azione plasticizzante.

Come per i controventi dissipativi, il massimo ed il minimo valore di Ω dei link in ogni combinazione sismica non devono essere troppo diversi, ovvero non devono differire più del 25%.