1.Brevi richiami

Le verifiche di capacità, o verifiche di gerarchia delle resistenze, sono verifiche da applicarsi in ambito sismico, quindi hanno senso solo e soltanto se nel modello sono state introdotte e definite delle combinazioni di verifica sismiche nel combiset attivo. Una combinazione è "sismica" se al suo interno è referenziato con un fattore diverso da zero almeno un caso di carico di tipo "SISMA STATICA EQUIVALENTE" o "SISMA MODALE".

 Il paradigma che si è andato affermando nelle normative di ultima generazione è che le strutture soggette a sismi di forte intensità devono essere in grado di dissipare l'energia entrante mediante opportuni sistemi dissipativi. Tale dissipazione è spesso assegnata alla plasticizzazione del materiale strutturale, ed ai corrispondenti cicli di carico e scarico. Tali cicli di carico e scarico devono essere stabili, e gli elementi che devono sopportare le plasticizzazioni devono essere in grado di farlo senza che altri fenomeni indesiderati (come la instabilità globale o locale) lo impediscano.

 Perché la desiderata dissipazione si possa attivare sono necessari alcuni requisiti fondamentali:

1.Che gli elementi dissipativi siano effettivamente in grado di plasticizzarsi in modo ciclico e che non presentino indesiderati effetti locali atti a impedire la plasticizzazione.

2.Che gli elementi non dissipativi, limitrofi a quelli dissipativi, restino in campo elastico (non dissipativo) tenendo conto delle sollecitazioni plastiche che provengono dagli elementi dissipativi.

 

Il modello correntemente usato per trattare la plasticizzazione degli elementi è quello elastico perfettamente plastico. Un tale modello è però una semplificazione, dato che il metallo può presentare, e in generale presenta, rami incrudenti che comportano l'attingimento di tensioni superiori a quelle di snervamento, ed inoltre un comportamento statisticamente non omogeneo: il valore caratteristico della tensione di snervamento, un limite inferiore, non è in questo caso a favore di sicurezza, dato che valori superiori di tensione di snervamento comportano maggiori sollecitazioni per gli elementi non dissipativi limitrofi a quelli dissipativi. Le "azioni plastiche" non possono quindi a favore di sicurezza essere considerate pari a quelle ottenibili con la tensione di snervamento, ma devono essere opportunamente incrementate di un fattore, detto fattore di sovraresistenza γov, che tiene conto del possibile incrudimento, e della differenza tra valor medio e caratteristico della tensione di snervamento: tale fattore dipende dal materiale. A tale fattore di sovraresistenza si aggiunge poi un ulteriore fattore di incremento, pari a 1.1, che va considerato come un fattore di sicurezza. Se dunque diciamo Spl il vettore delle sollecitazioni che portano al limite plastico (ideale perfetto) una certa sezione, gli elementi non dissipativi limitrofi a quello dissipativo dovranno essere verificati per una sollecitazione 1.1γovSpl. Per dare una idea, con S235 γov= 1.2 mentre con S355 γov= 1.1. Comunque, come vedremo nella sezione successiva, il problema si complica se di elementi dissipativi connessi ve n'è più d'uno e se le sollecitazioni che portano al limite plastico le diverse sezioni non vengono attinte per lo stesso livello esterno dei carichi applicati.

Nelle schematizzazioni correntemente accettate, vi sono essenzialmente tre tipologie di strutture dissipative per le costruzioni in acciaio:

1.Telai resistenti lateralmente a momento (MRF). In questo caso la dissipazione avviene nelle travi all'interfaccia con le colonne. Le colonne devono rimanere elastiche. Gli elementi dissipativi sono necessariamente elementi beam e non elementi truss.

2.Strutture a controventi concentrici (CBF). In questo caso la dissipazione avviene nelle diagonali tese (e a volte, se lo sbandamento è impedito, anche compresse). Gli elementi dissipativi possono essere beam o truss. In Sargon si ipotizza che siano elementi truss.

3.Strutture a controventi eccentrici (EBF). In questo caso la dissipazione avviene nei "link" delle travi di piano. Gli elementi dissipativi devono essere elementi beam e non truss.

 

Il problema è complicato molto dal fatto che in una unica struttura si possono dare le seguenti condizioni:

a)Nelle due direzioni ortogonali i sistemi adottati sono differenti (ad esempio MRF in direzione X ed EBF in direzione Y).

b)La struttura, anche se caricata in una direzione precisa (ad esempio X) induce azioni anche nei controventi progettati per l'altra direzione.

c)Le azioni di calcolo non fanno il favore di essere dirette secondo un preciso asse ben orientato rispetto agli assi di cotruzione della struttura.

d)L'attingimento del limite plastico, per un elemento dissipativo in una struttura tridimensionale, non avviene con una sollecitazione elementare, e nemmeno in presso flessione o tensoflessione retta, come semplicisticamente la normativa riporta, bensì con sei componenti di sollecitazione tutte agenti contemporaneamente, ovvero con un punto in uno spazio a sei dimensioni.

In generale i criteri del capacity design possono essere facilmente compresi. La loro traduzione in effettive regole di progetto è però ardua. Tali criteri sono:

 

1.Gli elementi che si plasticizzano (dissipativi) devono essere certi elementi e non altri. Tali elementi devono essere progettati per la plasticizzazione. Non si devono plasticizzare parti della struttura fondamentali per l'equilibrio globale, dato che la loro plasticizzazione comporterebbe un collasso. Gli elementi dissipativi non si devono instabilizzare localmente o globalmente o, se è ammesso che lo facciano (CBF), devono instabilizzarsi in modo controllato e reversibile.

2.Gli elementi non progettati per plasticizzarsi (non dissipativi) devono essere progettati per le massime sollecitazioni che gli elementi plasticizzati possono loro consegnare, tenendo conto della sovraresistenza del materiale e di opportuni fattori di sicurezza aggiuntivi. Ciò comporta in teoria il calcolo di sestuple di azioni plastiche per tutti gli elementi beam dissipativi, opportunamente incrementate (da 1.1 γov) e con opportuni margini suppletivi di sicurezza.

3.Le verifiche 1 e 2 devono valere per tutte le possibili combinazioni sismiche.